Se dovessi pensare a un sottotitolo per il presente articolo potrei scrivere che sono “riflessioni impertinenti di una podista eclettica”. Non si tratta di piaggeria o narcisismo, si tratta di cominciare esattamente dalla definizione di chi scrive. Per trasformare la fretta in velocità è necessario partire innanzitutto dal fondo dell’articolo, ovvero dalle firme degli autori. Ognuno di noi, infatti, fa bene ciò che gli riesce meglio. Contesto e leadership del formatore/operatore determinano tempi e metodi della conversione fretta-velocità. Perché nella conversione rientrano sempre almeno due soggetti titolari di leadership: chi la guida (formatore) e chi la chiede (Direzione). Chi è velocista, per natura corre sulle brevi distanze, ovvero lavora bene nel breve periodo, il maratoneta o fondista corre generalmente lunghi percorsi, ovvero lavora nel lungo periodo. E la conversione richiede tempo, fatica, pianificazione, gestione delle risorse: non si fa oggi per oggi. Chi pensa di poter convertire stabilmente un sistema complesso in tempi brevi, si illude: nel breve periodo si può raggiungere soltanto un risultato effimero o instabile, che va consolidato giorno dopo giorno.
Capita che nelle diverse organizzazioni aziendali si confonda la fretta con la velocità, anche nel linguaggio. Quante volte ci sarà capitato di sentire le frasi “Dobbiamo fare in fretta, non c’è tempo”. Ecco, in un’ottica di breve periodo, ogni volta che si applica la fretta, nei processi aziendali si ottiene confusione. La fretta è figlia dell’agire (DO nel ciclo PDCA) perché presuppone un’urgenza (non abbiamo tempo, non c’è tempo). Sinteticamente: fretta= confusione. La fretta è un indicatore negativo, segnala una mancanza di pianificazione. Non si misura, si respira: ha l’odore dell’ansia di cui si nutre e che genera essa stessa, in un ciclo vizioso, dove non è possibile il controllo e l’errore è dietro l’angolo.
La velocità invece implica ordine e controllo. Nel ciclo PDCA è figlia della A (act), si ottiene alla fine dell’approccio per processi, quando ogni altro aspetto è stato pianificato, messo in pratica e monitorato. È un parametro misurabile numericamente e ripetibile. La velocità è un indicatore positivo, perché segnala che l’approccio per processi è stato messo in pratica fino in fondo. Sinteticamente: velocità = controllo. La velocità si misura e si osserva. Velocità fa rima con produttività.
Se pensiamo poi agli effetti a lungo termine sui Sistemi complessi, possiamo accennare al fatto che la velocità rafforza la leadership e il contesto dell’organizzazione perché fa ottenere una migliore consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie capacità, attraverso il raggiungimento di obiettivi misurabili, che quindi permettono di evidenziare il miglioramento. Nel lungo periodo la velocità permette di avere un focus sul cliente ben centrato, perché il Sistema ha prima focalizzato il contesto interno (chi siamo e dove vogliamo andare).
La fretta invece, nel lungo periodo indebolisce la leadership e confonde il contesto, perché un’organizzazione in cui prevale la fretta non ha la chiara consapevolezza del proprio ruolo e valore, rincorre gli eventi invece di guidarli. Questo fatto ha come conseguenza che il Sistema non otterrà un focus ben definito sul cliente, ma agirà in balia del mercato, senza sapersi posizionare correttamente.
Nella pratica lavorativa i concetti vanno sempre declinati nelle diverse situazioni. Per non venir meno in questo aspetto, ci permettiamo di citare umilissimi e provvisori consigli pratici. Per trasformare la fretta in velocità dobbiamo:
Torniamo adesso al titolo del presente articolo, per proporre una piccola provocazione. Leggiamo con attenzione le seguenti definizioni di fretta e velocità, tratte dal Dizionario on line Treccani.
Adesso chiediamoci: in quale delle due definizioni riconosco il mio lavoro e l’Organizzazione in cui opero? In quale preferirei lavorare? Cari colleghi, la scelta è personale, è solo nostra.
Da parte mia posso solo, con grande modestia, proporre: “Indossate le scarpe, adesso si corre”.