Il Dlg. 198/2021 ha recepito la Direttiva Ue 633/2019, definendo quali pratiche commerciali siano da considerarsi sleali nei rapporti di cessione tra imprese della filiera agricola e alimentare.
Le disposizioni si applicano dunque, alle cessioni di prodotti agricoli ed alimentari, eseguite da fornitori che siano stabiliti nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti.
Le disposizioni non si applicano:
– ai contratti di cessione direttamente conclusi tra fornitori e consumatori;
– ai conferimenti di imprenditori agricoli e ittici alle cooperative di cui siano soci, ovvero alle organizzazioni di produttori (Op);
– alle cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito.
I contratti devo essere ispirati ai principi di: trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività.
● FORMA:
– scritta obbligatoria (contratto o forme equipollenti)
● ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO:
– durata: minimo 12 mesi
– quantità caratteristiche prodotto oggetto di cessione
– prezzo: fisso o determinato su criteri stabiliti
– modalità consegna
– pagamento: max 30 gg consegna per prodotti deperibili / 60 gg consegna per prodotti non deperibili
Il decreto procede (art. 4) con una tassativa elencazione delle pratiche commerciali che si ritengono sempre vietate (inderogabili dalle parti) e quindi:
– termini di pagamento. max 30 giorni dal termine del periodo di consegna pattuito, per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, 60 giorni per quelli non deperibili;
– annullamento degli ordini di merci deperibili, da parte dell’acquirente, con preavviso inferiore a 30 giorni;
– modifica unilaterale (da parte dell’acquirente, o del fornitore) delle condizioni di un contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari relative a frequenza, metodo, luogo, tempi o volume di fornitura o consegna dei prodotti, norme di qualità, termini di pagamento o prezzi oppure relative alla prestazione di servizi accessori rispetto alla cessione dei prodotti;
– trasferimento dei rischi sul fornitore: inserimento, da parte dell’acquirente, di clausole contrattuali che obbligano il fornitore a farsi carico dei costi per il deterioramento o la perdita di prodotti agricoli e alimentari che si verifichino presso i locali dell’acquirente o comunque dopo che tali prodotti siano stati consegnati, purché tale deterioramento o perdita non siano stati causati da negligenza o colpa del fornitore ;
– acquisizione e divulgazione (non anche utilizzo), da parte dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore.
Le pratiche che SAREBBERO VIETATE ma sono di fatto ammesse se oggetto di accordo sono sostanzialmente quelle che trasferiscono sul fornitore rischi d’impresa, costi e investimenti commerciali affrontati dall’acquirente e dunque di seguito:
– restituzione invenduto senza corresponsione di alcun pagamento per tali prodotti invenduti o per il loro smaltimento;
– la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, di un pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione,
l’inserimento in listino dei suoi prodotti o per la messa in commercio degli stessi;
– attinenti la promozione dei prodotti e quindi la richiesta al fornitore di farsi carico (in tutto o in parte) del costo degli sconti sui prodotti è ammessa a condizione che l’acquirente, prima di avviare una promozione, ne concordi i termini (periodo, quantità, sconti);
– attinente alla pubblicità e dunque la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, di farsi carico dei costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;
– attinente al marketing e dunque la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, di farsi carico dei costi per il marketing dei prodotti agricoli e alimentari effettuata dall’acquirente;
– attinente a personale dedicato e dunque la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, di farsi carico dei costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.
In generale è vietata “l’adozione di ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento”.
Viene perciò fornito un elenco esemplificativo, ma non esaustivo, delle condizioni-capestro vietate:
– il subordinare la conclusione, l’esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali all’esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto degli uni e delle altre;
– il conseguimento di indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;
– l’imposizione di servizi e prestazioni accessorie rispetto all’oggetto principale della fornitura, anche qualora essi forniti da soggetti terzi, senza alcuna
connessione oggettiva, diretta e logica con la cessione del prodotto oggetto del contratto.
Altre pratiche commerciali considerate sleali e perciò vietate, poiché si sostanzierebbero in condizioni inique, comprendono:
– gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
– condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, incluso il sottocosto;
– condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti e quindi ingiustamente gravose;
– esclusione dell’applicazione di interessi di mora e del ristoro delle spese di recupero dei crediti.
Alcune pratiche commerciali sleali espressamente vietate riguardano condizioni imposte all’acquirente da parte del fornitore:
– in relazione alle scadenze brevi: imposizione per contratto di prodotti con date di scadenza troppo brevi rispetto alla vita residua del prodotto stesso;
– in relazione all’assortimento: imposizione di vincoli contrattuali per mantenere un determinato assortimento;
– in relazione ai nuovi prodotti: imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, dell’inserimento di prodotti nuovi nell’assortimento;
– l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, di posizioni privilegiate di determinati prodotti nello scaffale o nell’esercizio commerciale.
Una peculiarità della “nuova” disciplina è quella che attiene l’individuazione di una precisa Autorità incaricata di accertare le violazioni: l’ ICQRF (Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) .
Tale Autorità nazionale, che fa capo al Ministero delle Politiche Agricole, deve occuparsi dell’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 del decreto in commento e dell’irrogazione delle relative sanzioni, svolge indagini di propria iniziativa (ex officio) o su denuncia. A tal ultimo riguardo, si evidenzia che l’art. 9 dispone che le denunce relative alle pratiche sleali vietate siano presentate all’ICQRF ed il denunciante può chiedere che alcune informazioni rimangano riservate.
L’ICQRF può avvalersi del Comando Carabinieri per la tutela agroalimentare, oltre che della Guardia di finanza.
Restano ferme le competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) per l’accertamento pratiche commerciali sleali.
Con riferimento alle sanzioni previste dall’art.10 del D.lgs 198/2021 occorre porre in evidenza che le sanzioni di carattere amministrativo introdotte sono effettivamente dissuasive; esse infatti sono comprese tra un minimo che varia tra 1.000 e 30.000 euro fino a raggiungere il 5% (addirittura il 10%, in caso di recidiva) del fatturato realizzato dell’impresa nell’esercizio precedente.
In conclusione, le nuove disposizioni, entrate in vigore il 15 dicembre 2021, si applicheranno ai contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari conclusi successivamente a tale data. Per ciò che attiene ai contratti in corso di esecuzione prima del 15.12.2021 gli stessi dovranno essere resi conformi alle disposizioni entro i 6 mesi successivi (entro il 15.6.2022).
Considerata la complessità e pluralità degli ambiti di applicazione delle disposizioni, appare necessario procedere ad una loro declinazione in relazione alle peculiarità proprie di ogni rapporto di cessione di prodotti agricoli/alimentari.
In quest’ottica Food Consult Group è in grado di rapportarsi sistematicamente con le Aziende che hanno la necessità di adeguare i propri contratti e renderli aderenti alla normativa sinteticamente sopra descritta.